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Channel: Chickenbroccoli
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The Sbrock

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Una spia e mezzo
Trama: Spia e porta a casa

Abbiamo iniziato la settimana con un fulgido esempio di buddy cop movie perfetto e la concludiamo col suo opposto.
Bisogna essere davvero grandi fan di The Rock o di Kevin Hart per apprezzare questa ennesima commediola senza arte né parte basata sugli opposti che collaborano, sul mediomen contabile ex più figo della scuola 
costretto a collaborare col superagente segreto ex più sfigato della scuola in CGI inquietantissima
in un susseguirsi di spari ed esplosioni in cui il secondo ci sguazza e il primo si terrorizza
A parte che il canovaccio scolastico è pari pari a 21 Jump Street, ma quello faceva ridere.
E io scommetto che tra di voi posso trovare una manciata di fan di The Rock (e potrei dire anche di essere tra i vostri, il ragazzone mi diverte e lo trovo sempre più o meno decente, sia quando impone i suoi avanbracci al mondo che quando fa il simpatico con quella cosa del sopracciglio), ma veramente, c'è qualcuno che può dirsi fan di Kevin Hart? O anche solo di conoscerlo? Kevin Hart è quello che tenta in tutti i modi di imporsi come il nuovo Eddie Murphy, il nuovo Chris Rock, il nuovo [nero che urla] 
ma che giustamente rimane in un oblio di dimenticatoio, almeno qui da noi (voi ve lo ricordate qui? e qui? Io non me lo ricordavo, sono dovuto andarlo a cercare...)
Se il suo personaggio è risaputo e banale, è quello di The Rock è il vero mistero, è talmente assurdo che rasenta il miracolo di scrittura, viene il sospetto che le sue stramboidi sfumature, le sue battute sceme talmente fuori luogo da essere degne di Groucho Marx, del tipo che non fanno ridere, ma poi ridi perché "dai, ma che davero?", la sua malcelata omosessualità (che però non viene mai rivelata, pavidi)
siano tutte frutto di grandi sedute di scrittura, invece mi sa che non si rendevano manco conto di quello che mettevano nero su bianco e gli è venuto fuori un personaggio quasi pirandelliano, però per sbaglio, quindi non vale.

Il film dura quasi due ore, assurdo anche questo.
Alcune comparsate (non così tanto) eccellenti spandono un olezzo di tristezza aggiuntiva su tutto il progetto: Jason Bateman, Melissa McCharty e purtroppo anche Aaron - BIATCH - Paul potevano tranquillamente starsene a casa quel giorno. E anche noi.
Dài, sono gli ultimi rigurgiti della moda spiona dello scorso anno, passerà.

• CB SUMMERSCOPE 2016 •

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Questo è l'anno del SUMMERSCOPE! Con la E... (anche se la A non ci sta male). SCOPrirete dopo perché.
Il post di sbaracchiamo tutto e andiamo a rimorchiare le tedesche a Rimini saluti estivi sta diventando sempre più pregno di significati. Insieme agli Awards è il post più importante dell'anno, anzi mi sa pure di più degli Awards, perché se quelli mettono il punto al finale d'anno, questo ne mette tre... E poi nasconde un alone di mistero, porta con sé la domanda fatidica: verrò mangiato da uno squalo? Avrò la voglia di ricominciare a scrivere ChickenBroccoli a Settembre? 
C'è un video che sta commuovendo il web di uno che dice di essere me (è la seconda volta! Stramaledetto!) in cui riassume in un minuto sette anni di ChickenBroccoli:
Ora, a parte che io sono molto più bello e simpatico e non farei mai battute sessiste (anche se uso peggio i congiuntivi) e detesto chi si mette degli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero anche alle 8 di sera, ma devo ammettere che il tizio dice, sul finale, una cosa condivido: questo blog sito è davvero il mio psichiatra-cologo-coterapeuta.
Una posto che da SETTE ANNI aiutame a di'
curo da solo - quindi smettetela anche di scrivermi "Voi di ChickenBroccoli", non fate che aumentare le mie personalità multiple, mi accontento di cose tipo: "no! ma davvero lo fai tutto da solo! Ti amo!" - con una recensione al giorno; e se ho saltato qualche giorno vi assicuro che ci sono stato un pochino male, come se qualcuno davvero venisse qui tutti i giorni e se non trova la recensione nuova pensa: "Oh no che peccato, oggi non c'è la recensione nuova di CB, è la cosa più grave dopo quella volta che Belen non ha postato una foto del culo su Instagram". 
E se io lo curo, ChickenBroccoli cura me. Almeno credo.
Capito che intendo? Intendo dire che la costanza genera mostri, fare una cosa tutti i santi giorni diventa più una necessità, oserei dire una dipendenza, una droga. Mi faccio di costanze, non sostanze.
Poi c'è anche il fatto che d'estate arriva il compleanno di CB, bei tempi quelli in cui aprivo CB con la più lampante dichiarazione d'intenti che web ricordi. Poi lo abbiamo festeggiato ballando, incasinando tutto, meditando, diventando veri, mangiando gelati, e ogni volta mi dico "già un anno, due anni, tre anni, quattro anni, cinque anni, sei anni, sette anni".
Ho fondato CB nel 2009, un periodo in cui i blog erano già in declino, infatti dico sempre che è un sito, ma a chi la voglio dare a bere

Ora i blog sono definitivamente morti, fagocitati dai social che se scrivi troppo non ti legge nessuno, infatti so benissimo che ogni parola che aggiungo a questo post è di troppo. Come sto sul pezzo io... Lo so bene che come saluti estivi avreste preferito una giffetta estiva scema

o artistica
e un post su Facebook con delle tag varie come "#svaccation #summerof69nottheyear #CBonthebeachsottoilsolelapellebruc #escilo" e invece beccateve sto papiro.
Oh! Mica sto dicendo che non mi diverto più, anzi tutto il contrario, continuo imperterrito come un caterpillar guidato da un crash test dummy a fare recensioni di film ogni giorno perché dovreste vedermi mentre scrivo: rido da solo alle battute, mi commuovo quando quella volta l'anno faccio un post accorato, mi sento sdolcinato quando quella volta ogni tre anni faccio il post amoroso, penso ai giochi di parole dei titoli tutto il giorno. È come in quei meme. 
Come mi vedete voi:
Come mi vedo io:
excited yes computer working goldeneye
Com'è in realta:
Capisco che questo inutile preambolo possa far trasparire un po' di ansia rispetto al continuare sì/continuare no/continuare forse, ma siccome sono Presidente Onorario del S.D.A.C.A.A.F.F.F.A.P.F. (Smettetela di Dire "ANSIA", "CHE ANSIA", "ANSIETTA" o Fare Fumetti con l'ANSIA come Personaggio Fisico), preferirei chiamarla inquietudine.
O anche balla di fieno che passa.

Che cosa intendo per balla di fieno che passa? Intendo che se io e il Cinema fossimo una coppia, questa sarebbe la crisi del settimo anno. Intendo quella sensazione che ti piglia quando pensi che sono passati sette anni, come le meraviglie, le note, i magnifici, i samurai e i bubù tè. Con mille e più cambiamenti, in tutti i sensi, che vanno dai lavori fatti alle passioni avute, dai tagli di capelli agli amori, dai funerali ai rogiti. 
E CB era sempre lì per un motivo solo, perché il Cinema era sempre lì (arrivo al punto, giuro): il Cinema è quella cosa che c'è sempre, qualsiasi cosa ti succede nella vita. Alle volte la precede, altre ne regola l'andamento, altre ancora la racconta a posteriori. In ogni caso quando andiamo al Cinema è come quando sognamo: ogni personaggio sullo schermo, come nel sogno, è sempre noi stessi. Come Essere John Malkovich. Sì, anche nei sogni erotici.
E quindi - dopo un lungo periodo in cui il dilemma di cui sopra (continuo? non continuo? mi compro la moto?) è stato abbastanza sottotraccia in ogni recensione (non ha aiutato la FOLLIA del post di Boyhood), ho deciso...





[Sarebbe bellissimo chiudere il post qui. Il migliore dei cliffhanger.]




...che invece no, si continua imperterriti. Si va avanti ciechi e sordi ma non muti. Perché sì.
A parte che non oserei mai togliere a voi lettori l'occasione di vedere un film bello perché consigliato da CB, di non vederne uno brutto perché sconsigliato da 9 dentisti su 10, di incazzarvi perché vi ho spoilerato qualcosa, di scuotere la testa quando mi sento particolarmente simpatico, di comprare stupende visioni illustrate di locandine riempendomi le tasche (bucate) e soprattutto di rosicare quando vado alle anteprime gratis (io rosico quando non mi invitano.) Chi sono io per chiudere il sito che ho fondato e curo? Mi sono pure scordato la password (giuro).
Quindi facciamo così: finché esiste il Cinema esisterà ChickenBroccoli.
Che. Cosa. Ho. Appena. Scritto.

Che inquietudinetta! 
Ma bando alle parole ciancicate. Passiamo a un Recupero Credito veloce veloce. [Il Recupero Credito è sinonimo di pulizie estive. Ci sono dei film che ho visto e di cui non ho avuto tempo di parlare perché dovevo parlare di altri film. Quindi metto recensioni velocissime prima delle ferie estive così a Settembre si ricomincia a mente fresca e cartellina "FAI SFATICATO (sfaiticato, quindi)" vuota. Esiste davvero.
The Trasporter Legacy

Trama: Micromachine

Aridatece Stazzam veramente. E pensare che proprio un anno fa mi chiedevo come fosse possibile che la prima trilogia godesse anche di un certo seguito. 

Ora ci riprovano con un nuovo attore che ha il carisma di un mignolo del piede di Stazzam, corse in macchina fracassone che hanno la potenza visiva di un Abre Magique appeso allo specchietto retrovisore di Dom Toretto, e una storia che... com'era la storia? 
Speriamo abbiano affossato definitivamente la serie.
Soffocare

Trama: Don Chuck

Dopo il megasuccesso di Fight Club, Hollywood si è subito affrettata a comprare tutti i diritti dei libri di Chuck Palaniuk.

Soffocare è un film riuscito a metà: funziona tantissimo Sam Rockwell (ma dov'è che non funziona? Oddio, in effetti qui proprio non funziona, ma rimane un attore stupendo), tristo sesso-dipendente (ma sesso-dipendente non è sinonimo di uomo? Ah no? Pensavo...) con una madre pazzoide che lo fa crescere con un buco dentro grosso così che non si riempie neanche con tutti i sex toy immaginabili.

Purtroppo regia e sceneggiatura non trovano nessuno dei guizzi necessari per rendere la storia ritmata, e ci si annoia un po'.
Non aspettatevi Fight Club 2, ma io Sam Rockwell lo amo così tanto che proprio non riesco a dargli Broccolo.

Vacanze in America

Trama: Amerika Star

Sì lo so, vi chiederete che ci fa questo ritrovato vanzinesco di italiota cinepattoniana memoria in CB. Be', ci fa che... oh, ma quanto erano belli 'sti film! ECCO LA VERA NOSTALGIA CHE ANDREBBE SALVATA! Altro che Stranger Things!

VOGLIO CHE NETFLIX FACCIA UNA SERIE che mi riprenda tutti i personaggi mitici degli Anni Ottanta Italiani! Perché:

Io speriamo che me la cavo

Trama: Teng' che ffà (si scrive così?)


Anche questo vi sembrerà stonare (come se poi vedessi solo film di Tarkovskij), eppure viene da una visione molto voluta, molto consigliata e molto apprezzata.
Un film che riesce ad andare oltre la furbizia del libro da cui è tratto, un film umano e sentito, che ci ha regalato un Villaggio bravo davvero, non solo fantozziano come tutti lo conosciamo o incazzato col mondo come negli ultimi anni. 
Riesce a dire più cose Io speriamo che me la cavo sul sud senza dirle davvero, che tutti quei film impegnatoni con i camorristi e le madri che piangono.
Il finale "felliniano"è da lacrime vero:

Saw - L'enigmista


Trama: No escape room

Lui sta lì nella stanza tutto il tempo. Ah, non lo sapevate? Evvabbèddai.
La morte ti fa bella

Trama: Meryl Strap

Ma davvero, quando esattamente il Pippa ha smesso di fare film belli? Lo sappiamo, ha passato la sua vita all'ombra degli amici più bravi e ricchi (Spilbi e PappagorgiaLucas), ma insomma, il Pippa (che è Robert Zemeckis, per chi non lo sapesse) ha fatto grandi film. Ritorno a futuro e Roger Rabbit e Forrest Gump e... e... lo sai che forse veramente GRANDI ne ha fatti proprio pochi. E da quando ha perso 15 anni della sua vita pensando di essere il messia della motion capture, ha fatto solo cose così cosà (!), tipo Flight (così) o The Walk (cosà). Sta per tornare con questoNon ce la fa, nooon ce laa faa.
La morte ti fa bella non è tra i suoi GRANDI film, ma cavolo, ha una forza dirompente. Se ripenso a quanto ci stupirono quegli effetti speciali
talmente tanto che che ora ricordiamo sopratutto quelli, invece il film è cattivissimo, dark, oscuro, coraggioso, persino meglio delle prime cose di Tim Burton.
Attori stupendi, ivi Bruce Willis, uno che veramente dimostra che se sei un idiota puoi riuscire a lavorare coi migliori registi in circolazione (e lui l'ha fatto: Tarantino, Anderson, Gilliam, Altman, Besson, Frears, Rodriguez...) alla fine finirai su delle locandine da film direct-dvd in cui incollano la tua faccia su un corpo non tuo:
Avrà qualche colpa da espiare? O svariati figli segreti sparsi per il mondo a cui  pagare gli alimenti? Davvero non si spiega questa sua deriva niccagiana.
La morte ti fa bella comunque filmone. Riscopritelo, tanto adesso gli effetti speciali non vi distrarranno più.
Closer

Trama: Come closer

Ho rivisto Closer. Tanti mesi fa. Non credo lo rivedrò mai più, perché è uno dei film sulle situazioni di Lui e di Lei più veri, assolutamente veri, che siano mai stati scritti.
Fa quasi male pensarci, perché se fai un po' i riassunti delle relazioni precedenti ti accorgi che sei stato/a tutti e quattro i personaggi. Sei stato/a piagnucolosa con Jude Law, troglodita come Clive Owen (mai così stupendo), dipendente come Natalie Portman, opportunista come Julia Roberts. Dipende solo chi c'era dall'altra parte, quale delle quattro modalità si incastrava meglio con quell'amore. Perché la sapete no quella cosa che si è diversi ogni volta... Non la sapete? SVEGLIA!!undici!1 È come dicevo prima, tutti i personaggi che sono sul grande schermo, sei sempre tu.
Fine del recupero credito.

È proprio ora di passare ai Campioni d'Estate [che sono i film meglio assai di questi primi 7 mesi dell'anno, è molto importante perché alcuni ce li ritroveremo sicuramente ai prossimi Awards, quindi iniziate a temperare le matite o le penne grafiche o quello che usate per disegnare sperando non facciate come lui, che quest'anno mi frulla in testa una parola matta: "Contest".] Cliccando sulle gif aprite le recensioni.
1. The Revenant

Di Caprio finalmente c'ha vinto l'oscar, bastava fare un po' di rough sex con un'orsa.
2. Non essere cattivo

Un film che vale tanta cocaina quanto pesa.
3. Zootropolis

Ogni bradipo è indimenticabile.
5. Anomalisa

Un'iniezione di follia direttamente dalla mente di Kaufman.
7. Lo chiamavano Jeeg Robot
Perché i cinecomics possiamo farli anche noi!
8. Me, Earl and the Dying Girl
Non si esce vivi dall'adolescenza...
9. Krampus
Rosso natale...
10. Green Room

Nazi vs Punk.
Serie Tv? Direi questa:
bojack horseman will arnett bojack green screen
E ok! OK!!! Anche questa dai...
Abbiamo finito? Andiamo in vacanza? Abbassiamo la saracinesca e tutti al mare? 
NO!!!
Perché proprio come lo scorso anno ho un annuncio importantissimo (segnarsi promomeria: smettere di dare gli annunci importanti alla fine di post chilometrici, tanto nessuno ci è arrivato qua sotto. Scrivili all'inizio e poi tutti in spiaggia.)
IL 17 SETTEMBRE INAUGURA IL 
[clicca]
Si tratta di una megamostra d'illustrazione e cinema ospitata al Treviso Comics Book Festival. E per mega intendo 14 pannelli grandi come kaiju che invadono un'intera piazza per un mese intero! 
I nomi coinvolti - loro malgrado - sono di quelli che non si scordano. Durante l'estate seguite la pagina Facebook di CB, metteremo metterò uno per uno gli artisti coinvolti e degli indizi per indovinare il film che stanno illustrando. Con questo gioco estivo conto di sbaragliare la concorrenza, di certo racchettoni e biglie li supero... non so bene il gioco della bottiglia intorno al falò perché la componente "limonare"è impossibile da battere.
Ora abbiamo finito davv... ANCORA NO!?! 

È che c'ho queste gif poligonali fiche fatte da tale Bruno Alberto (o Alberto Bruno?) che mi sono rimaste sul groppone e che mi davano tutto un LA per parlare della fan art ma adesso non mi va più. Le metto e voi le guardate e bòn:



Dài. Fine per davvero, giuringiurello. Come sempre potete mandarmi foto di tette (è tanto che non ve le chiedo, strano ve'?) o offese o foto di tette offensive alla mia mail, state sicuri che vi rispondo. 
Dove vado io? Dopo aver visto i cinema giapponesi, quelli turchi e quelli thailandesi, quest'anno esplorerò le sale cinematografiche del Portogallo, mi ha ispirato il nome... e subito vado a fare una di quelle cose che "se vabbé", una cosa che proprio come in quei meme. Come la vedo io:

Come sarà in realtà:

Qui la questione non è più ricominciare o meno ChickenBroccoli a settembre, qui la questione è se avrò tutte e 12 le dita per farlo.
Non fate quelle facce tristi. Ci rivediamo, riscriviamo, rileggiamo, ribroccoliamo a Settembre. Ah, dite che è proprio questo che vi rende tristi?
Buona estate, sempre vostro (SEMPRE?!)
[Spenge il neon. Abbassa la saracinesca. Si allontana per le strade deserte 
che da lontano sembrano bagnate. Sembra un addio, sappiamo tutti non lo è.]

L'isola tiburon

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Paradise Beach - Dentro l'incubo
Trama: Paradise biatch

Così vi avevo lasciato, così vi ritrovo: spiaggiati.
Io invece sapeste come vado, proprio quando il mare è una tavola blu e io broccolo sopra che neanche Matt, Jack e Leroy, ma mica solo il mercoledì, no, tutti i giorni della settimana da leone che mi sono fatto.
Ora ci starebbe benissimo un video pazzesco con colonna sonora altrettanto pazzesca e tutti i tubi che ho preso (soprattutto youTube). Ma accontentavi di questo favoloso gesto atletico.
Ah, il mare. Lo sport. L'acqua che ti schiaffeggia la faccia allora tu per gentilezza porgi l'altra guancia e quello ti scaraventa addosso uno squalo. 
È quello che succede alla povera pinguana protagonista di The Shallows - furbissimamente intitolato Paradise Beach - che viene dritto dritto dal contratto che il Cinema ha stretto con l'Associazione Facciamo Venire il Terrore degli Squali A Tutti Anche Se Ci Sono Più Probabilità di Morire con un Vaso che ti Cade in Testa; il contratto l'ha scritto Spilbi all'epoca e la prima clausola sancisce che almeno una volta l'anno bisogna fare un film in cui ci raccontano la favola che Uomo e Squalo sono nemici naturali, che è vero quanto dire che Uomo e Colibrì o Uomo e Lumaca sono nemici naturali.
Tant'è, quando entri in acqua a fare surf (e io ne so), anche se stai entrando nella piscina coperta della palestra, ti chiedi "e se arriva squalo?", è automatico proprio.
Tutta colpa di Spilbi e del fatto che gli squali so' un po' ciechi e dal loro punto di vista tu surfista sei solo uno spuntino tartarugoso 
Allora in questo caso lo squalo arriva davvero, ed è morto de fica.
Già, proprio vede la bionda da lontano che fa tutta la sciantosa sul suo surf e non ne vuole sapere di andarsene, non prima di averla assaggiata. Gli squali preferiscono le bionde.
Dunque, dall'inizio. Ci sta la biondona - che mi dicono avere alterne fortune tipo aver fatto Gossip Girl (fortuna) e quel film metrosessuale brutto coi narcotrafficanti (sfortuna) ed continuare la progenie di Ryan Reynolds (questa è sfiga proprio)
che va a fare surf in una sperduta spiaggia messicana col suo bel costumino Tezenis e tutti i muscoli del corpo tesi per l'accoppiamento con le onde 
E per i primi venti minuti il film sembra semplicemente uno spot di Instagram: ogni. singola. inquadratura. potrebbe diventare uno scatto social 
Ci manca solo una foto tipo così:
Finalmente arriva squalo, e lì sono cavoli amari. È grosso, incazzato e fatto abbastanza bene col computer. Non ci sono più gli squali animatroni di una volta
Insomma la bionda rimane bloccata su uno scoglio (ah, ti rode essere una cozza adesso eh!?) 
a 200 metri dalla riva, col pescecane che le gira intorno 
e appena qualcuno prova a mettere un mignolino del piede in acqua per vedere se è fredda e se può fare il bagno visto che me so papatos tres tacos esta magnana senorita, questa è la fine che fa
Come farà la tipa a salvarsi? Si trasferirà sullo scoglio? Aprirà un negozietto di collanine lì?
La risposta, purtroppo, è Sharknado.
Già, man mano che si procede con l'atavica lotta Bionda vs Squalo le cose si fanno sempre più insensate, fino a una risoluzione finale degna, per l'appunto, di un film Asylum, film che ho smesso di vedere dopo che ho capito che il brutto fatto di proposito non è divertente (vi ricordate?)
Film del genere - tizi vs mare aperto - ce ne son stati, ce n'è e ce ne saran, da Open Water a Adrift a The reef a Shark Night, questo è l'ennesimo e non è per nulla memorabile; devi solo decidere se te lo vuoi vedere per una bionda con un fisico bestiale o per una bestia che sfida le leggi della fisica.
Io che sono dell'esercito del surf (questa cosa dell'esercito non l'avevo percepita bene mi sa, quando poi per una settimana mi sono svegliato tutti i giorni alle 6 e alle 7 via di correre sulla spiaggia e via di piegamenti, squat e altre cose che qualcuno ha detto si chiama "riscaldamento", ho capito cosa esattamente intendevano per "esercito") dico che Paradise Beach poteva essere fatto molto meglio; è davvero troppo patinato, troppo concentrato a far topa service alla protagonista e sfida ogni realismo in maniera fastidiosa... ad esempio quel bikini striminzito che resiste intatto dopo un attacco di squalo è fuori dalla realtà. Vuoi mettere, se per amor di realismo eh, lei avesse recitato tutto il tempo in topless?
Ah, questi squali morti di fica, che squalore.

♰ Gene Wilder ♰

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♰ Gene Wilder ♰
La lezione è terminata.  

CB ANTEPRIMA • La famiglia Fang

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La famiglia Fang
Trama: La macchina dei Fang

Ricominciamo piano piano piano, va bene? Che questi sono i giorni peggiori dell'anno. Quelli che sembrano sole tre settimane fa che ci eravamo salutati con le valigie cariche di creme dopo sole poi abbiamo preso un casino di sole e rieccoci tutti qui che l'unica luce che ci abbronzerà per i prossimi undici mesi sarà quella di questo schermo (ve la sto facendo pigliare malissimo, ve'?). OK! FELICISMO! SPENSIERATAGGINE! GAUDISMO!
Che grande evviva mi fa gridare ritrovarci tutti qui anche quest'anno, con tante cose che bollono in pentola, tutte belle cose artistiche!
Ah, l'arte, quella cosa che devi imparare e poi certe volte è meglio che metti da parte.
Ecco, uno che dovrebbe mettere da parte molte delle sue velleità artistiche è Jason Bateman.
Un attore che non riesce mai ad essere carne o pesce, men che mai memorabile. Ha fatto fortuna coi suoi registri comici, ma poi si è fatto ricoprire di merda (letteralmente), ha tentato un registro meno comico e più ruvido, e ha addirittura sconfinato nel thriller puro. Eppure, nulla, non riesce, non fa quel passettino necessario per essere considerato unico. Si ha sempre l'impressione che lui o un altro, stessa cosa. Se domani sparisse, nessuno ma proprio nessuno ne sentirebbe la mancanza (queste sono le classiche frasi che poi domani Bateman muore e io rimango di sale e mi mancherà tantissimo.) Peraltro scopro ORA che è stato protagonista di Voglia di Vincere 2, un film che meriterebbe di essere bruciato al rogo, poi dici che le antipatie a pelle non esistono, esistono esistono.
Ora Jason prova a fare quel passettino esordendo (esordendo?) alla regia. E il film lo rispecchia in pieno. Non è brutto, ma davvero, non lascerà nessuna traccia di sé.
La storia è quantomai singolare: racconta la storia di due performer e della loro matta famiglia.
Essere performer è quella cosa che ti fai sparare addosso oppure fai queste cose qui:

Insomma usi corpo, testa, scenari e quello che ti circonda per delle opere situazioniste più o meno improvvisate. Tu scateni l'arte, gli spettatori diventano parte dell'opera, e vedi quello che succede, se ti va bene fai il capolavoro, se ti va male fai la figura del fesso.
È quello che fanno pa' (un Christopher Walken che potrebbe cambiare il nome all'anagrafe in Pilota Automatico) e ma' Fang

con l'aiuto (più o meno volontario) dei figli inscenano finte rapine di caramelle, si fanno foto famiglia travestiti da vampiri

vanno a pattinare sul ghiaccio carichi di fuochi artificiali, cantano canzoni assurde nei parchi, e riprendendo sempre tutto.
I ragazzini (nonostante siano chiamati Child 1 e Child 2) se la passano bene, mai un momento di noia. Peccato che le figure paterna e materna siano poco più che degli impresari.
Ora i due bambini sono cresciuti, lui uno scrittore di successo in cerca del bis che non arriva, lei un'attrice in declino costretta a fare cose tipo questa per attirare un po' l'attenzione

A questo punto, tipo a minuto 25, succede che i due attempati genitori spariscono, sono dati per morti, vittime di un serial killer. Sarà vero o sarà l'ultima (neanche troppo) geniale trovata dei due per chiudere in bellezza la carriera?
Investigano i due figli che, costretti a passere insieme i giorni e rivangare il passato, si riscopriranno e legheranno di nuovo e blablabla.
Interessante, direte voi, ma sì sì, risponderò io, peccato che l'indole troppo indie, troppo off, troppo "sundance" che Bateman ha voluto imprimere al suo film, lo ammazza. La parte del passato, con le performance e il racconto di questa famiglia atipica è bello, prende, si fa capire bene in dilemma interiore di vivere una vita di sicuro divertente girovagando per l'America e facendo pazzie artistiche ma al contempo senza radici e con due genitori così imponenti da farti diventare trasparente, visto che per loro sei solo un veicolo per la loro arte, ma poi la noia inizia a serpeggiare nella parte attuale, quella dell'investigazione (anche interiore) dei due fratelli cresciuti.
Ecco, la carriera di Bateman è un po' riassunta in questa scena:

Deve prendere una direzione, altrimenti rimane "quello che ha fatto quel film".
Complimentoni estivi a chi ha deciso che sulla locandina italiana avere un Bateman e una ormai botoxata e quasi irriconoscibile Nicole Kidman siano motivi d'interesse. Abbiamo per l'ennesima volta (dopo cose indie come Life during wartime o The Myth of American Sleepover o Happiness) perso l'occasione di avere una gran bella locandina illustrata
o anche solo una po' originale:
Anche la fanart a cui dà vita è molto indie

La presa della Bastiglia

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Bastille Day
Trama: Bastille che respirano

Abbiamo detto di ricominciare piano piano, e così faremo.
Ci sta benissimo questo filmettino che più insulso (un refuso sbarazzino mi aveva fatto scrivere insulto, ma manco la potenza per un vaffanculo c'ha, 'sto Bastille Day) non si può.
Un giovane ladruncolo, interpretato da un imbambolato Rob Stark (ancora non s'ìè risvegliato dalle Nozze Rosse) vive a Parigi organizzando truffarelle comsì e comsà, anche se è più bravo di Lupin a sfilare i portafogli alla gente.
Un giorno ha la bella idea di ladrare una borsa con dentro una bomba. La bomba esplode, lui viene accusato di Isisaggio, a ricercarlo il mastino (anglo)africano Idris Elba. 
Guarda i muscoli dell'africano...
Fanno paura pure mentre spenge una docile abat jour, pensa se ti vuole prendere a pizze.
Cosa che effettivamente fa, scova Rob Stark ma capisce che è innocente (può uno scemo così palese essere un bombarolo?) 


insieme capiranno che si tratta di una cosa terribile organizzata da dei poliziotti corrotti per distruggere lo stato... NO! È SOLO LA SOLITA VECCHIA RAPINA, che da Die Hard 3, quando un gruppo di facinorosi mette a ferro e fuoco una città con bombe e azioni violente, è sempre per distogliere l'attenzione dalla solita solita vecchia rapina. Giustamente spoilerata dal sottotitolo italiano. Bene così.
Il filmettino è un action senza infamia e con pochissime lodi
Questo invece è lo sguardo che Idris riserva a tutta la capitale delle lumache e delle baguette.
E mo so' cazzi tua, sembra proprio dire Tobler 1 (che se lo leggi in inglese capisci a cosa si riferisce...) a tutta Parigi.
Dal canto suo Stark fa delle facce da scemo tutto il tempo. 


Ma non solo le facce in effetti, è proprio scemo il personaggio. A partire dalla favolosa idea di parlare dusce dusce con l'orsacchiotto al cuore di plastico che di lì a poco farà il botto
Bastille Day è un filmettino con un po' di action, un po' di bromance, un po' di romance, un po' di buddy cop, coi cattivi cattivi, i buoni buoni, gli scemi scemi. Cerca di ricalcare la serie Bourne per le scene di manate in faccia (e sappiamo che di Bourne ce n'è uno tutti gli altri sono nessuno, e ne parliamo domani che all'anteprima so' successe un sacco di cose), ma non ci riesce (anche se certi pizzoni di Idris sono messi a buon segno) e non si cura minimamente di raccontare una storia decente, quantomeno una scenggiatura

Per il fantasioso popolo del web (non quello americano visto che lì il film non è proprio uscito), è stato motivo non di adrenalinico entusiasmo, ma più di immaginare Idris e Rob come i protagonisti di Bastille Gay: 
Ogni uomo è un'isola. E Idris è Elba.
Bonus:

CB ANTEPRIMA • Jason Bourne

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Jason Bourne
Trama: Bourne in the U.S.A.

Conoscete bene il suo nome, e anche il mio amore per Jason Bourne. Siamo ai livelli di "i'm fucking Jason Bourne", parafrasando la mitica video-war tra la Silverman e Kimmel di qualche anno fa.
Jason ha cambiato le sorti dei film action per sempre, e se Jimmy Bond è uno di quegli eroi action che si mette la muta da sub e quando se la toglie ha uno smoking inamidato (cosa che ho scoperto solo da poco essere più impossibile di lanciarsi sa un aereo senza paracadute), uno che tanto lo sai che ce la fa sempre, e ce la farà mentre intanto ha trovato anche il tempo di ciularsi almeno tre Bond girl e bersi dieci Martini, uno per cui alla fine non provi un minimo di empatia visto che ammazza la gente con il sorrisetto sardonico e la battuta sempre pronta, per il dramma interiore di Jason l'empatia la provi eccome. Per questo Jason, oggi, è un eroe più vero e sincero di Bond.
Matt e Paul, quelli originali, tornano alle prese con Bourne e noi non possiamo essere più felici, perché la prima trilogia è veramente ma veramente tra le più belle e appassionanti degli anni 2000. L'abbiamo vista e rivista, e ogni volta sono filmoni pazzeschi, non perdono un briciolo della loro potenza.
Dopo la parentesi con Renner (non troppo fallimentare a livello di risultato ma è come quando mangi i biscotti del discount messi in confronto coi Cuor di Mela), riecco che torna, per fortuna:
L'unico, il solo, il vero Bourne. 
E questa volta è incazzato, e molto, con un po' tutto il mondo. In effetti anche io sarei incazzato con tutto il mondo se ogni cavolo di città dove vado appena arrivo alla stazione tentano di farmi fuori.
Insomm, Jason sta incazzato quasi al mutismo. Sai quelle volte che sei così arrabbiato ma anche così pieno di cose da dire che fai corto circuito e alla fine l'unica cosa che puoi fare è stare zitto, altrimenti dalla bocca ti partono pallottole e ammazzi qualcuno? Ecco.
Matt in tutto il film dice - contate - 25 battute. Siamo tra i minimi storici insieme a Tom Hanks in Cast Away e Jean Dujardin in The Artist... Matt ti ha fatto ridere questa?
Vabbé.
Oppure, quando sei tanto arrabbiato, l'altra cosa che puoi fare è andare a fare dei combattimenti clandestini in luoghi molto armeni e poco ameni, e stendere con un colpo solo degli energumeni che in confronto La Montagna di GoT è un chihuahua
Ma ovviamente uno come Bourne tranquillo non ci puà stare mai, Passato gli manda ogni giorno dei poke, lo stalkera proprio Passato a Bourne, gli manda mail, gli scrive su Whatsapp, lo lika su tutti i social, gli telefona mille volte, e anche se Bourne trova il modo di bloccarlo, Passato riesce sempre a trovarlo, e non ne vuole sapere di finirla, anche se Bourne gli ha già detto tre volte che "guarda non sei tu, sono io, ma non dobbiamo più vederci. Passato è Passato, quindi lo sei anche tu, io ora voglio andare avanti a dare pugni a energumeni a casaccio".
Ma com'è, come non è, Passato riesce a riportare Jason in carreggiata, e dove c'è Jason ci sono scene d'azione rocambolesche, botte fortissime sempre molto reali (nel senso che le risse, ovviamente uno vs uno, si sviluppano sempre in poco più di tre metri calpestabili con balcone), le macchine saltapicchiano da tutte le parti (devo dire che questa volta quella camionetta degli SWAT che fa saltare trenta automobili come fossero birilli un po' esagerato lo è), e soprattutto ci sono tanti problemi esistenziali per 
Purtroppo devo essere breve, perché questa anteprima l'ho vista prima dell'estate, e prima dell'estate era Passato, e io non voglio vivere la mia vita che appena arrivo in una stazione del mondo Passato mi spara addosso, preferisco dare pugni.
Il film è fico. 
Non si può dire che sia alla stregua della trilogia originale, soprattutto perché A) sto poro Jason avrà pur finito di ricordare traumi del suo passato che aveva rimosso no? Voglio dire? Che vogliamo fare? Che al prossimo è tutto sconvolto perché si ricorda di quella volta in cui la mamma gli ha tolto il vasetto e ha dovuto farla per la prima volta nella tazza? Ecco, forse il trauma di questo quarto capitolo è un pochetto tirato B) tutta la storyline del giovane genio del computer che ha creato il social con cui il governo vuole controllare le persone è ormai storia troppo vecchia (è già il secondo proto-zuckerberg quest'anno, dopo quello di Now Your See Me 2).
La nuova faccia - bella per carità bella - del franchise è quella pazzesca ragazza di Alicia Vikander, che in un anno ha fatto meglio di quando uscì fuori Jessica Chestain. Mille film, l'oscar, e si spupazza Fassbender. Call her scema.

Ma comunque andatelo a vedere perché a Jason lo si deve rispettare sempre e comunque, anche quando nel 12° capitolo si ricorderà di quella volta che nell'utero gli si era intrecciato il cordone ombelicale intorno alla caviglia, lo si dovrà rispettare.
Il cattivone di turno è un micidiale Vincent Cassel in versione Terminator, del tipo che non muore mai

Nonostante la sua immortalità, è sempre un piacere vederlo.
Ecco, forse Bourne ha perso un'anticchia di quella bellezza iperreale che ce ne ha fatto innamorare quattordici anni fa (14), e che, non lo ripeteremo mai abbastanza, è stato l'inizio di un nuovo modo di fare action movie. Più esisteva Bourne, e più Bond perdeva ragione di esistere.
E tra tutti i personaggi e i film di Matt, che sono questi:
Jason è quello per cui indubbiamente verrà ricordato per sempre.
Scateniamoci come al solito con la solita musichetta di Moby, questa volta piena di coretti e stridente elettronica

Ah una cosa bellissima dell'anteprima ma stupenda proprio. Sono arrivato, tomo tomo, cacchio cacchio, e ho trovato questo casotto ad attendermi

FANTASTICO! MI SERVIVA PROPRIO! Sono entrato di corsa e ho fatto quello che dovevo fare...

...solo dopo ho scoperto che non era quello che pensavo, era invece una cabina dove farsi le foto.
Oh baby. Oh Baby.
Then It Fell Apart.
Then. It. Fell. Apart.

SIAMO SERIAL • Because the night

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The Night Of
Trama: Poco tenera è la notte

Ho ormai accetato da tempo (oserei dire ANNI, sempre bello sottolineare le cose) che le serie tv sono belle che morte, che sono diventate un calderone ribollito con dentro centinaia di cose che se uno volesse davvero vedersele tutte l'unica cosa che può fare è ammazzare qualcuno, farsi incarcerare e finalmente avere tutto il tempo per recuperare, che poi, recuperare cosa? La maggior parte ormai va col pilot automatico (nel senso che il primo episodio magari è pure bello e poi la noia) e tutto il discorso "ormai le serie sono meglio dei film"è solo un ricordo.
Parlo di crimini e incarcerazioni non a caso, visto che la serie dell'estate (quella che tra le centoquarantatrè che ogni volta si assumono l'onore e l'onere di essere "la serie dell'estate", "la serie dell'inverno", "la serie delle 2 di pomeriggio") parla di questo, di crimini e incarcerazioni, di avvocati e giudici, di innocenti e colpevoli.
The Night Of parte in maniera folgorante. Un primo episodio bellissimo. Sono restio a raccontarvelo, perché io l'ho visto senza sapere assolutamente nulla e voglio lasciarvi provare quella sensazione del tipo "Ah, di questo parla? Fico." Vi faccio vedere qualche frame, come foste la giuria, voi dovete dedurre cosa è successo "la notte che":
Posso dire che The Night Of è la diretta conseguenza del successo di alcune serie con crimine + processo + ragionevole dubbio tipo The Jinx (questa se non l'avete vista, davvero, smettete di parlare di Stranger Things che ormai è tardi e recuperatela), Making a Murderer e quello su OJ Simpson che non ho finito di vedere.
Un crimine, un colpevole che forse è innocente (o è un innocente che forse è colpevole?), una coppia di avvocati assortiti malissimo (che ovviamente adori) e un sistema giudiziario che fa a gara per essere peggiore di quello carcerario.
Mettiamolo così, la serie è un lungo film procedurale di quelli Anni Ottanta e Novanta che ci piacevano tanto, coi processi, il colpevole (o no? o sì? o no per tutto il film e poi!), i 12 giurati, il giudice, l'avvocato della controparte, i possibili sospetti e la vita del carcere che ti piega e anche se controvoglia ti forgia, roba che entri così
e se vuoi sopravvivere 

esci cosà
È la metamorfosi del profeta, quello del film, non Maometto.
Quei film Legal Mommy Thriller alla Presunto Innocente, alla Schegge di paura, alla Doppio taglio, alla L'ombra del dubbio, alla Conflitto di Classe, alla Il mistero Von Bulow, alla Suspect - Presunto colpevole, alla Legge crimnale, alla Per legittima accusa alla Mio cugino Vincenz... no forse questo ultimo no.
Insomma aule di tribunali, cavilli, arringhe finali, e intanto il povero sospetto se la deve vedere con le docce della prigione, che la leggenda vuole che attentino al tuo osso sacro, invece è più probabile che ti fanno fuori con una lametta che taglia la giugulare.
Il paragone con questi film è più che lecito, visto che in effetti, nonostante la serie sia buona, quando non buonissima, si respira a volte l'odore di brodo allungato.
Per fare un esempio, se The Night Of fosse stato un film, non ci saremmo dovuti sorbire tutte quelle scene di quei piedacci con la psoriasi orrendi di John Turturro, al massimo un paio. Lo stesso dicasi per alcune chiacchiere e alcuni passaggi del tribunale. Ma i piedacci è la cosa peggiore da vedere più e più volte.
Un bel film diluito in una bella miniserie. E con un finale che ti fa rosicare tantissimo ma anche dire "giusto così".
Ecco, a proposito degli attori. La serie la tiene in piedi (anzi piedacci) Turturro, col suo avvocato triste che in confronto Saul Goodman è Perry Mason, con tanto di intelligente ADV da parte dell'HBO
e ci regala la sorpresa pakistana Riz Ahmed
che giusto ieri abbiamo visto alle prese con Bourne (nei panni dello Zuckerberg di turno) e che rivedremo entro l'anno nel nuovo Star Wars. Attorone destinato a belle cose, trasformazione da giovane sfigato a carcerato cazzuto in 8 episodi gestita benissimo, degna di un vero Genny Savastano. Lo avevamo già notato qui, e fa anche il rapper:

Mi sa che è meglio che continua col cinema, però.
Insomma, se è vero che le serie tv sono cadavere, quasi in putrefazione, ogni tanto dal cappello spunta qualcosa che ancora vale la pena vedere davvero. Il più delle volte - l'ho già detto - sono miniserie. 8 episodi e poi addio.
Ho un'idea che non mi sembra tanto criminale: e se tornassimo a concentrarci sui film? Che non se ne può più di sequel, franchise, reboot, prequel, spin-off. Grazie, firmato CB (che parla parla ma intanto Narcos 2 come se lo vede). 

OK il pazzo è giusto

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Money Monster
Trama: Trita la ruota, tri.ta.là.

Money Monster è un brutto film, ma proprio brutto eh.
Non c'è niente da salvare.
Non riesce ad essere una critica alla società. Non riesce ad essere una critica alla pazza economia. Non riesce ad essere una critica alla televisione. 
Jodie Foster, che onor del vero non ha mai fatto dei capolavori quando è stata seduta in cabina di regia, questa volta mette su un film nato vecchio. Parla di crisi economica e lo fa nel più scontato dei modi, col pazzerello che ha perso tutto e si rivolta contro la società in solitaria e per farlo va in TV col tritolo a chiedere indietro i suoi soldi e allora tutti empatizzano ma basta arrivare la pubblicità del dentifricio che tutti si sono già scordati. 

Se solo penso a questo plot mi vengono in mente veloci veloci quel film con John Travolta e quell'altro con Denzel Washington, uguali uguali, e non sono andato a scartabellare il mio IMDB mentale.
I tre attori coinvolti sono meno in palla come un cubo. 
Il povero Jack O'Connell dovrebbe cambiare agente, non riesce a imbroccare un film che è uno, nonostante sia sempre coinvolto insime a nomi altisonanti, poi i film che fa si rivelano sempre delle sonore cagate
George dovrebbe fare il mattatore televisivo caustico, stronzo, menefreghista e (quindi) affascinante, proprio come Pippo in Anche i Baudi piangono, invece è tutto un misto di faccine e faccette che pare un misto tra Luca Giurato e Enrico Papi; una delle interpretazioni più blande e inutili della sua altrimenti (quasi) impeccabile carriera. Brutta china, Giorgio, brutta china.
Julia Roberts, che dovrebbe fare l'assistente tutta di un pezzo ma in fondo in fondo (neanche troppo in fondo che il film è corto) è innamorata del suo assistito: trasparente, se poi la confronto con quella di Kate Winslet di qualche mese fa. Brutta china Giulia, brutta china.
Un fallimento su tutta la linea dunque, che parla di economia in maniera banale e cinematograficamente vecchia (non solo perché abbiamo da poco capito i primi cinque minuti di La Grande Scommessa), e sceglie di risolvere il grande conflitto tra economia mondiale e poveri stronzi che lavorano tutta la vita e poi muori (dove per poveri stronzi intendo pure io, eh) con la solita storiella del magnate dei soldi che si ladra il denaro dei poveri risparmiatòri sfigati e scappa nei paradisi fiscali, e allora quando quello che era dalla sua parte (il presentatore) si rende conto che "ehy è uno stronzone, smascheriamolo", decide di usare il mezzo televisivo per fare opere di bene, e non di pene come fino al giorno prima.
Tutto vecchio, tutto già visto, tutto banale. È più emozionante a livello economico indossare dei pantaloni che non mettevi da anni e trovare dentro la tasca 5.000 lire. Non 5 euro che puoi anche spendere, proprio 5.000 lire.
Sono ben altri i momenti televisivi da ricordare:

Amy no acido

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Amy
Trama: Amy o non t'ami

Il talento, quello vero, il "dono", non guarda in faccia a nessuno. 
Quando arriva, puoi essere il "dodecagenito" di una famiglia di masai kenyota, il figlio di un raccoglitore di riso cinese, la figlia di un magnate dei pistoni in Arkansas, il "dono" arriva, ti si attacca al DNA e ti trascina in posti che non puoi sapere, dal Kenya finisci a studiare i vaccini in Brasile, dalla Cina arrivi a vincere un Oscar a Hollywood, dall'Arkansas ti ritrovi in Australia a presentare il tuo bestseller.
Oppure dalle periferie coatte di Londra vinci 5 Grammy battendo solo col tuo talento gente costruita a tavolino e in cima a una fabbrica di soldi come Beyoncé o Rihanna
Ovviamente è vero anche il contrario, puoi essere coglione in qualsiasi parte, famiglia, origine, ceto del mondo. Ma questo è un altro conto. Qui si parla di genialità, di incredibile e naturale propensione a qualcosa, qualcosa che magari nessuno ti ha insegnato.
E quel qualcosa, per Amy Winehouse, era il canto.
Il documentario - giustamente vincitore di un oscar lo scorso febbraio - è un perfetto montaggio di filmati originali, senza nessun orpello di fiction - e per fiction intendo anche le interviste, che sono comunque frutto di tagli, montaggi, possibili pilotaggi, magari anche inconsapevoli o in buona fede, ma pur sempre destinati a rappresentare l'idea del regista su questo o quel fatto realmente accaduto. Evita quindi l'errore grave perpetrato da quello dello scorso anno dedicato a Cobain.
È realmente accaduto che nello stesso momento in cui noi occupavamo la Terra, da qualche parte c'era anche Amy, che era un dono (alcuni direbbero di Dio, io, darwiniano, direi di un quasi irripetibile incastro di geni, cellule e tutte quelle altre cose che compongono un corpo umano). Un dono talmente grande che infatti, bum, morta, ciao.
Quando Amy cantava era Leonardo, era Caravaggio, era Einstein, era Mozart, era Maradona, era Kubrick, era ChickenBroccoli. Era IL genio umano regalato a tutti gli altri.
Sottolineo quando cantava, perché poi vivere era tutto un altro paio di maniche. 
Vedi Amy e sembra quasi di assistere a un contrappasso dantesco (n'antro genio de gnente): canti meglio di chiunque sulla Terra? Sei destinata alla sofferenza.
Il problema - sta per arrivare l'angolo della psicologia spicciola del Dr. CB - di Amy era la dipendenza. Era la dipendenza fatta persona: dalle droghe, dall'alcol, dalle persone, da tutto. Una fragilità così palese che sembra si potesse spezzarla con un mignolo. E ben altro hanno usato su di lei un padre che l'aveva abbandonata (solo abbandonata? C'è una scena, giusto un attimo, che instilla un dubbio oscuro...), per poi tornare, inventandosi pure manager, all'arrivo del successo, o peggio il marito, un imbecille di quelli veri, un vero Parassita con la vaffanculo maiuscola. 
Proprio come per Cobain e Courtney Love, se c'erano due persone che non dovevano incontrarsi, quelli erano Amy e quel cojone
La vittima e il carnefice. 
Poi certo, la vittima non è mai al 100% vittima, sono sicuro che più della metà delle volte era Amy a sbroccare, o a ricercarlo dopo ogni rottura. Ma, si sa, dove c'è il genio c'è la sregolatezza, e se vogliamo fare un esempio che veramente sembra non c'entrare nulla, non è colpa delle vittime di Wanna Marchi se erano credulone, è comunque colpa di Wanna Marchi che le truffava. Un film sul genio di Amy Winehouse e parlo di Wanna Marchi. Be', questa è la mia sregolatezza.

Però c'è questa epifania che impressiona e spaventa, quando conosci meglio la storia tra Amy e Blake: se non ci fosse stato lui, non avremmo avuto i capolavori di Amy. Incredibile, ma vero. Capire a cosa, a chi, si riferisce Amy nei suoi testi illumina la sua dipendenza, anche creativa, da Blake. 
Quindi che me stai addì che meglio così? Meglio che lei ha passato una vita di merda ma almeno noi abbiamo i suoi capolavori? Ma guarda a limite sì. Non fosse che l'amore che distrugge, quello che diventa dipendenza e ossessione, per quanto possa aiutare la creazione (sennç Goethe e tutto lo Sturm und Drang te lo scordavi bello mio), ma poi vedi come finisce: male, Sempre e solo e tristemente male.
Amy è un documentario "penoso" perché "penosa"è stata la storia di Amy. Il film diventa la cronaca di una morte annunciata, che sembra incredibile non aver potuto evitare, era così palese che sarebbe stato quello il finale. Possibile che nessuno, ma proprio nessuno (parenti, amici, produttori, medici, la polizia cazzo) abbia trovato un grimaldello, uno solo, anche piccolo, che la distogliesse da questo gorgo assurdo di malessere?
Un documentario però non sarebbe tale se non raccontasse la verità, e la verità è nessuno ha aiutato Amy, che sicuramente non era facile da aiutare, impossibile direi, ma se quella scritta sui muri è vera (Amami quando meno me lo merito. Sarà il momento in cui ne avrò più bisogno.), secondo me possiamo parlare di abbandono. E Amy è morta. Fine del film.
Ci ha lasciato queste:

E forse è già un miracolo, alla faccia del darwinismo.

NOTTE BROCCOL ANTEPRIMA • Man in the Dark

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Finiva l'estate e con lei finiva anche il ciclo Notte Horror, quelle serate canicolari di agosto, che si stava in calzoncini e canottiera con il caldo che faceva, e su Italia 1 si vedevano sbudellamenti, sgozzamenti, decapitamenti, dissotteramenti, ammazzamenti e tanti altri -menti che poi non ci facevano dormire, e noi davamo la colpa alle zanzare.
Come ricordate è da qualche tempo, da quando è iniziato il caldo, che per ricordare quelle notti gloriose di terrore e raccapriccio, è nata Notte Broccol, recensioni di film del terrore che escono a mezzanotte, ovviamente programmate da me furbissimo che mi addormento di media alle 10... 10 e un quarto se proprio mi sento friccicarello.
Comunque, rispetto al fatto che l'estate è finita e allora dovrebbe finire anche Notte Broccol. abbiamo la fortuna che la produzione dei film horror se ne frega di Italia 1, di CB, di tutto e tutti, e continua imperterrita a fare quello che sa fare meglio: fare film horror e mandarceli a noi in sala. Che tanto ammettiamolo, noi con gli horror siamo di bocca buonissima, ne arrivano davvero tanti, e noi ce li vediamo tutti, tutti, tutti.
Proprio oggi esce il nuovo film del regista di quel bel remake che fu La Casa, che ci sorprese e neanche poco. 
Anche qui c'è una casa protagonista e il suo inquilino un po' così, di quelli che proprio meglio non avere come vicino di casa. Si intitola (il film e l'inquilino):
Man in the Dark
Trama: Ciec.. chino di Sorrento

Certo amici non esistono più le vittime di home invasion di una volta, quelle che tu entravi in casa loro, approfittavi dell'effetto sorpresa e le torturavi, le ladravi, le vessavi, insomma gli facevi passare proprio un brutto quarto d'ora, e poi o quelle trovavano la forza ancestrale di ribellarsi e ti ammazzavano (di solito avevi già fatto fuori tutta la famiglia e c'era la figlia di turno che sopravviveva), oppure (verso gli anni 2000) riuscivi a farla franca e te ne andavi cacchio cacchio da dove eri venuto.
No, ora non va più così, ora se organizzi un home invasion, anche a scopo semplicemente di lucro, insomma se sei un topo d'appartamento, è meglio che ci pensi due volte perché sai quando c'entri, in quella casa, ma non sai quando e se ci esci. Perché? Perché adesso va di moda che l'inquilino che ci trovi dentro, quello che fino a qualche film fa appena ti vedeva scoppiava in lacrime e ti avrebbe venduto pure la madre pur di avere salva la vita, adesso invece è più pazzo di te.
Solo qualche mese fa abbiamo assistito alle disavventure di quei ladruncoli che si ritrovavano nelle grinfie di quella con l'agorafobia che si rivelava essere una sciroccata, ora ecco tre nuovi pinguani che, pensando di fare il colpo della vita ai danni di un povero veterano di guerra, padre triste e solo di figlia morta in incidente (e ricco, coi soldi del risarcimento dell'incidente), e pure cieco. Cieco proprio che non vede niente.
A parte che mi sa che se sapevano prima che questo vecchio triste cieco aveva le fattezze pazze di quel fascio di muscoli pazzi di Stephen Lang (il generale pazzo di Avatar)
 sicuro che andavano un numero civico dopo.
Insomma i tre entrano e si ritrovano alle prese con uno che non la manda a dire, che spara tutto il tempo (sì, è cieco ma la furia omicida ci vede benissimo) e che, man mano che procede il film, si scopre avere un sacco di atroci segreti.
Ora non vi dirò nulla sulla deriva che prende il film (a dire il vero, per i più smaliziati, non così originale, io che uso smalizia profumo di intesa l'avevo capito molto presto) perché non voglio rovinarvi tutto con
ma vi dico che, tralasciando il fatto che 'sto cieco è praticamente Terminator e che alcune scene troppo ripetute sul finale, questo Man in the Dark è una interessante sorpresa horror.
La regia è sempre ispirata (tranne la parte al buio. C'è sempre questa necessita di far vedere quello che succede al buio. E se si studiasse qualche metodo per farmi capire tutto eliminando il senso più importante al cinema, la vista? Sarebbe un bell'esperimento, e anche sopportabile se inserito in un film altrimenti regolare. Cribbio, Godard fa interrompere il suono per un minuto e questi non hanno il coraggio di tentare qualcosa di nuovo, e ricorrono sempre a telecamerina notturna... 
vabbè almeno stavolta non è tutto verde come in un filmetto amatoriale di Paris Hilton.
Man in the dark però ha il pregio di non essere un film pesantone, di non voler avere chissà quale morale (alcuni horror ce l'hanno) e come horror post-estivo fa il suo validissimo lavoro.
Certo i grafici della locandina invece...
Lo sapete che ho pensato? Che esiste solo grande film che anticipava di anni e anni questo nuovo trend degli home invasion con l'inquilino pazzo che fa pentire agli invasori di aver pensato a casa sua. Sapete qual è?
Sì. Esatto.

Maledizione Imperium

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Imperium
Trama: Harry Nazi e il prigioniero del Mein Kampf

In America ci deve essere un problema di neonazismo. 
E deve durare da almeno qualche tempo, perché se iniziano a uscire diversi film sull'argomento, vuol dire che è vecchio di almeno due tre anni.
Dopo i neonazi di Green Room, adesso anche Harry Potter deve vedersela con questi ragazzetti un po' nazionalsocialisti che si dividono in feccia scema che mena la gente e spacca le vetrine e personaggi che invece lavorano dietro le quinte, diffondono l'ideologia e preparano attentati dinamitardi.
Ho letto da qualche parte qualcosa come "American Histrory X incontra The Departed". Sì è proprio così: Harry Potter è un agente dell'FBI (in effetti credibile come se lo facessi io, l'agente dell'FBI) 
che viene infiltrato (o infeltrito, se guardi la taglia delle magliette che inizia a mettersi)
in un gruppo di neonazisti sospetti (come se ce ne fossero di non sospetti). 
Prima si taglia i capelli (ha fatto bene, che l'altra volta era terribile)
e poi inizia fare controvoglia cose neonaziste come gridare in faccia agli immigrati accusandoli di magia nera (oh, non resisto mai)
La solita regola del "non puoi guardare in faccia il male senza che lui guardi te e ti proponga quantomeno un limone" vuole che Harry Nazi inizi quasi a provare un po' di empatia per questi ragazzi nazi (ranazzi, quindi), ne consegue che più che metterli in gattabuia vuole redimerli. 
Lo spunto del film è interessante, ma hanno totalmente sbagliato il cast.
Non è tanto per Daniel Radcliffe Potter, che si impegna e se la cava e poi a Radcliffe non gli si può voler tanto male, ha il grande merito di provare sempre cose un po' stranette (se non era stranetto questo) e di essere riuscito a lavorare nonostante la maledizione che poteva farlo finire nell'oblio com quell'altro, coso, Frodo, sembrava essere destinato a cose molto migliori, ed è finito nei direct-to-video con Nic Cage.
Comunque sto rivedendo gli Harry Potter per motivi che potrei definire "bisogna rivederli ogni tanto ma soprattutto quando sta per uscire il libro nuovo e pure il film" e fa una certa impressione averlo conosciuto così:
e trovarselo nazistello
E ancora più impressione aspettarlo con ansia in questo film assurdo:
Il problema è il resto del cast: i neonazi (soprattutto i "pensatori", quelli che dovrebbero fare paura davvero, quelli che muovono le fila del braccio armato e ignorante) sono tutti delle mezze calzette (addirittura rispunta fuori il mutaforma di True Blood, per dire...). Quelli, tu direttore di casting, li devi scegliere bene, devono fare paura con un solo sguardo, per questo  i nazi di Green Room e il suo micidiale Patrick Stewart funzionavano, perché erano credibili come menti criminali..
Un film che mi duole dover classificare come riuscito male, molto al di sotto del citato American History X o di cose come Romper Stomper o The Believer, nonostante il materiale di qualità e nonostante io sia Team Daniel sempre e per sempre. Elijah puzza.

Quanti Tarantino

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Carnage Park
Trama: NON benvenuti al... Carnage Park!

Fosse stato il 1996, massimo 1997, avremmo perdonato al regista questo pasticcio.
L'avremmo giustificato come un eccesso di entusiasmo (tutte quelle scene velocizzate o rallentate, quei cambi di registro, dal bianco e nero al colore al tutto un giallognolo indefinito), avremmo accettato l'eccesso di passione per tanti generi (horror, slasher, western, torture porn, surf), e avremmo addirittura sopportato le palesi citazioni al cinema di Quentin Tarantino (me che dico citazioni, ci sono scene prese di patta, e non solo questa:
c'è spazio anche per roba da Kill BIll e Pulp Fiction perché a quell'epoca tutti, ma proprio tutti, copiavano Quentin Tarantino.
Purtroppo per il regista però siamo nel 2016 e non sopportiamo più nessuno.
Di certo non ci fa più né caldo né freddo un film che comincia con una rapina andata male (divisa pure a spezzoni temporalmente disordinati, sempre alla maniera di Quentin, tecnica che comunque viene presto dimenticata per un andamento del tempo regolare) e diventa quasi subito un horror con ragazza nel deserto dove nessuno può sentirti urlare braccata da maniaco col fucile che ci gioca al gatto e la topa.
Finirà come finiscono sempre gli horroro con le Final Girls, ma non prima di aver tirato fuori dal cappello anche il pazzo in maschera, quel tipo di maschera che, si spera sempre, possa dar vita a un franchise horror tipo Halloween o Venerdì 13
Se non è un pasticcio questo.
La differenza di stili, regie, spunti, soluzioni è talmente poco eterogenea che sembra di vedere due, tre film diversi, e nessuno troppo decente peraltro.
Ah, se solo fosse stato il 1996, ci sarebbe pure piaciuto questo Carnage Park, invece siamo nel 2016 e non c'ha detto proprio niente, manco il necessario per non addormentarsi alle 9 e aspettare la mezzanotte delle recensioni Notte Broccol.
Si salva - ma forse solo per me - la canzone finale veramente pazzache ascolto da ieri sera:

Ecco, a onore del vero tutta la colonna sonora, degnissima di QT, è pazza e con qualche chicca tipo Charles Manson che canta:

CB ANTEPRIMA • The Beatles - Eight Days a Week

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C'è questa leggenda metropolitana per cui i critici cinematografici NON LAVORANO e allora si possono tranquillamente organizzare le anteprime dei film di mattina tanto che ci frega i critici NON HANNO ORARI DI UFFICIO e verranno tutti in blocco, mentre - BREAKING NEWS! - io LAVORO e HO ORARI DI UFFICIO (te credo, non sei un critico cinematografico tu, sento qualcuno dire nelle retrovie! Portatemi la sua testa su una picca!) quindi non sono potuto andare all'anteprima del documentario di Ronron Howard sui Fab Four a cui tenevo molto e a malincuore felicissimo ho dovuto mandare un altro al posto mio, questa qualcuna la chiameremo Vale.
Del giudizio di Vale mi fido tantissimo, ma soprattutto le dovevo dei favori quindi per sdebitarmi ripago in film, che bellissima moneta. Io lo accetterei uno stipendio per il fatto che LAVORO... nine days a week.
Vi lascio agli scarafaggi.
CB 

Eight Days a Week

Per chi, come me, è cresciuto a pane e Beatles l’uscita nelle sale del documentario di Ron Howard è una di quelle date che si segnano sul calendario: 15-21 SETTEMBRE. Nota bene: non fare come quella volta di “Montage of Heck” che alla fine hai dovuto vederlo online. 
No, non stiamo parlando di niente di simile alla storia di Kurt Cobain, ma il punto è che questa storia dei film-evento che al cinema stanno pochissimi giorni per me è una mannaia sul collo, è una fonte inesauribile di stress perché… e se mi ammalo? Se mi rompo una gamba? Soprattutto: se mi dimentico? 
Non potevo perdere “The Beatles – Eight days a week” al cinema. 
Per questo motivo, da più di due settimane, tormentavo ChickenBroccoli: «Se hai 2 inviti per l’anteprima, porta me, scegli me, THINK OF ME-ME-ME» [questo è uno spoiler ma non lo capirete mai]. 
E lui in effetti mi ha scelta, ma solo perché l’anteprima era di mattina e non poteva andare. Peggio per lui perché, se sei fan dei Fab Four ma per motivi anagrafici e geografici non li hai mai visti dal vivo, la storia dei loro tour dal 1963 al 1966 la vuoi vedere prima di tutti, that’s it. 
Se poi la promessa del documentario è quella di presentare video amatoriali inediti e interviste esclusive, non guardi in faccia nessuno anche se, per dirla tutta, i Beatles sono stati ben documentati su pellicola. 
Nel 1964 John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr e George Harrison hanno recitato nel finto documentario di Richard Lester “A Hard Day Night” e, solo un anno dopo, sempre Lester li ha buttati in trincea in “Help!”, per non parlare di quella meraviglia di cartone che è “Yellow Submarine”, di recente rimesso a nuovo. 
Non solo: la band ha chiuso la propria carriera con il film verità “Let it be”, l’impietoso documento del periodo più confuso e teso della loro storia, con tanto di concerto in pelliccia sui tetti della Apple C.L.. Quello che mancava, però, era proprio questo:

La sensazione di essere lì, allo Shea Stadium il 15 agosto del 1965, insieme ad altre 54.999 persone a strapparsi i capelli e, allo stesso tempo, sentire le canzoni meglio di come a suo tempo il pubblico riuscì ad ascoltarle. La verità è che in “Eight days a week” il lavoro dei filmmakers, che hanno migliorato sia le porzioni video sia quelle audio delle registrazioni live, è qualcosa di incredibile e già solo questo merita la fila al cinema. Anzi, quando farete la fila, consolatevi subito che QUELLA NON È NIENTE: per vedere un concerto dei Beatles dal ’63 in poi, voi non avete idea! 
La avrete solo dopo aver visto “Eight days a week”, insieme alla scoperta che anche le eyelashes possono essere sexy… incredibilmente sexy. 

L’altra idea che vi farete è che, in una società che stava cambiando radicalmente (e questo si vede nel film di Howard ma senza prendere mai il sopravvento, a mio parere, giustamente), per i teenager degli anni ’60 i Beatles erano un filtro per interpretare il mondo a dispetto dei genitori che consideravano la band “una minaccia per la società” [cit.]. 

Non si poteva scegliere modello migliore. 
I quattro ragazzi che ci racconta Howard mostrano una generosità infinita sul palco, insieme a una grandissima ironia fuori e un affiatamento premuroso come gruppo. Come dice lo stesso Paul McCartney, “we were kids, but we weren’t dumb”, e vedrete quanto lo dimostrano nel tour nel sud degli Stati Uniti del 1964. 
Come se questo non fosse sufficiente, malgrado fossero fabulous also on stage, i Beatles non erano “animali da palcoscenico”. I loro concerti non erano performance perché l’obiettivo non era quello di creare uno show o, in casi peggiori, un circo (come se ne vedono oggi negli stadi), ma suonare. Amavano la musica, Paul, John, Ringo e George, e non hanno mai recitato nei loro live: lo dice chiaramente Lennon “I am not an actor, I am a musician”. 
E c’è una bella differenza.

CB ANTEPRIMA • Trafficanti

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Trafficanti
Trama: Wolf of War Street

La missione era chiara, palese, quasi innocente: rifare in tutto e quasi per tutto Wolf of Wall Street, invece del trading, il mercato della guerra, la vendita di armi con tutta la sua incoerenza. 
E almeno ha il merito di non nascondere questa missione dietro le ditine piccoline e cicciottele e le braccette rotondette di Jonah Hill
che infatti è protagonista in entrambi.
Jonah ingrassa di nuovo (vi ricordate quando era diventato così? Madonna che ricordi...) e si carica tutto il peso del film. 
Che detta così pare chissà quale impresa, invece no, perché il peso del film è veramente ma veramente pochino.
Non è un brutto orrendo penoso schifoso film, Trafficanti, ma è un film inutile per sua stessa ammissione.
È semplicemente copiato a TUTTI i film di ascesa/caduta criminale di mezze calzette che hanno un'intuizione per fare soldi e, passando ovviamente per la scena del contasoldi che sappiamo essere la scena spartiacque del "sta facendo i soldi"
che adesso come adesso potrei o fare una lista lunga una quaresima o farvi fare a voi la ricerca che parte dai capolavori Scarface e Quei bravi ragazzi, passa per Narcos e American Ganster e arriva nel cassone dei film tutti uguali tipo Blow.
Ecco, Blow è proprio un buon esempio.
Qui però, almeno, c'è un po' più di divertimento, perché Jonah (due candidature all'oscar e già è intrappolato nel personaggio dell'amico stronzo pronto a tradirti appena ti giri) non perde la vis (e il pes) e quando lo vedi fare il matto coll'AK47 in mano è comunque un piacere.
Miles invece deve finirla di pomparsi come un palestrato ridicolo e concentrarsi di più, da Whiplash a fare la fine di Charlie Sheen è un attimo.
Il film è quello che promette la locandina rippata da Scarface: due scemi vendono armi all'esercito americano, ne vendono sempre di più, lo fanno con spocchia e tracotanza
fanno soldi a palate
peccato che poi entrano in un affare più grosso del loro girovita e girospalle messi insieme, arrivano i cattivi, le mogli si incazzano, l'FBI inizia ad indagare e i due iniziano a farsi le inculate che non ti aspetti.
Todd Philips, regista, è quello che ha il merito di Una notte da leoni e le colpe del seguito e di aver fatto cantare Mike Tyson, e qui tenta il passo più serioso, impacchettando un film che non lascerà intonse le nostre memorie e probabilmente anche i conti in banca degli attori (non credo che Jonah o Miles siano in grado da soli, o anche in coppia, di trascinare un qualche guadagno...), ma che, almeno, non arriva mai ad essere inguardabile.
Sfruttare tutti i meccanismi risaputi di un certo tipo di cinema ti permette comunque di, come si dice, portare a casa il risultato.
Se poi ci metti TUTTE le canzoni più famose di Hollywood e le metti nelle scene più banali del mondo - arriva la scena di guerra, vai di Creedance Clearwater Revival; appare una gang di neri? Vai con 50 Cent. Ci sono diversi aerei da prendere? Iggy Popè l'uomo giusto per te. C'è una scena tragica al ralenti? Vai di The Who e il gioco è fatto. E quando c'è la scena a Las Vegas? Ma ovvio, Dean Martinè lì per servirti. E per il finale? Leonard Cohen e chiudi con il giusto tono profondo di quelli che hanno raccontato una grande storia vera, tanto incredibile da sembrare un film.
Una colonna sonora quando è bella è bella, ma una colonna sonora furba come questa mette l'orticaria, anche se composta di grandi canzoni.
E comunque l'utilizzo migliore di una canzone in un film sulla guerra vista come business rimane quello di Lord of War. Va che opening

Io queste storie poi di persone che alla fine della loro carriera criminale la svangano pure inizio a non sopportarle più, le storie eh, non i film se sono belli come quello di Scorsese. Perché ti fanno venire voglia anche a te di mollare tutto, prendere di mira qualche fesso e spillargli tutti i soldi che ha.
E sapete che c'è? L'HO FATTO! Ho risposto alla mail di Svetlana Truffaldova che mi offriva la fantastica occasione di cambiare tutti i miei averi in BROCCOLDOLLARI, una nuova valuta che mi assicura raddoppierà i ricavati entro l'anno. E io le ho creduto a Svetlana, mi ispirava fiducia il nome.
Per fortuna all'anteprima mi hanno regalato il sobrio fermasoldi del film, così posso tenere fermi tutti i miei Broccoldollari
Attenti tutti criminali da strapazzo! C'è un nuovo boss in città! Il boss delle torde.

• CHICKENBROCCOLISCOPE al TCBF •

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SIGLA STUPENDA!

Allora. Vi copio/incollo un testo. Tempo di lettura quello che vi prendete per farlo.
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Era il 2009 e in una notte chiara e luminosa di fine Agosto nasceva CHICKENBROCCOLI, un sito di critica cinematografica con un sottotitolo che era tutto un programma: cineblog per chi ama odiare il Cinema
Cosa c’è di più gustoso che vedere un film e poi distruggerlo pezzetto dopo pezzeto, fino a che non ne rimane nulla? È liberatorio, è divertente, è sincero. Ed è quello che fa CHICKENBROCCOLI quotidianamente, con recensioni scanzonate, sarcastiche, puntuali e piene di gif animate che mandano in palla i computer. 
Vedere una quantità incredibile di film, anche quelli brutti, raggiunge due scopi: 1) ti fa amare di più il buon cinema; 2) fa risparmiare ai lettori visioni orrende. 
Su CHICKENBROCCOLI non ci sono le ★★★★★, si usano solo due voti: il CHICKEN per i bei film, il BROCCOLO per quelli brutti, nessuna mezza misura!
E dopo i film sono arrivati gli artisti. Realizzare poster alternativi di famosi cult è una pratica ormai radicata all’estero. Ora fi nalmente si afferma anche in Italia.
CHICKENBROCCOLI è il primo sito italiano che produce magazine, poster, infografi che, gif, eventi artistici e gadget dedicati alla Settima Arte. Che cosa si può volere di più?
«Vogliamo una mostra di Cinema e Illustrazione!» ha gridato il TREVISO COMIC BOOK FESTIVAL, evento noto per avere gusto nella scelta delle collaborazioni.
CHICKENBROCCOLISCOPE è un’esibizione di bellezza gargantuesca (succede raramente di poter usare in una frase l’aggettivo gargantuesco) che per un mese trasforma Treviso in un angolo di Hollywood. Lo fa mettendo in piazza 14 visioni creative di altrettanti film eccezionali, in un mix di stili che combina artisti affermati e giovani promesse. Il tutto condito dalle sardoniche recensioni e gli insindacabili CHICKEN BROCCOLO di CB, più che un critico, un criticone.
Non abbiamo badato a spese, benvenuti al...
CHICKENBROCCOLISCOPE!
Di tutte e di nessuna, ma sempre vostro, ChickenBroccoli

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Lo sapete quanto grande sarà stampato questo testo? Tantissimo, roba che se non avete problemi di vista, vi verranno per quanto saranno stampati grandi.
Esatto, siccome a me questa cosa del "le dimensioni non contano" mi è sempre saputa un pochetto di scusa che  o ci raccontiamo o ci raccontano se sono gentili abbastanza (...gli spettatori delle mostre! Che avete capito?!), questa volta abbiamo fatto le stampe in grande, ma veramente in grande! Grande così [allarga le braccia per indicare DUE METRI PER DUE METRI!]
Le parole che avete letto sono la presentazione del CHICKEBROCCOLISCOPE, una mostra gigante che mi hanno fatto fare quelli del TREVISO COMIC BOOK FESTIVAL
Proprio mi ci hanno chiamato! Non vi sembrano incredibili quali possono essere le conseguenze di un numero sbagliato?
La mostra unisce le passioni di CB: la fi l'Illustrazione e il Cinema, e rappresenta, lasciatemi dire una di quelle cose da uomo vissuto ma con un occhio al futuro, un punto di arrivo e insieme un punto di partenza.
"Arrivo" perché questa è una di quelle cose che se ti guardi indietro la vedevi già quando ti mettevi a fare i magazine, o le serate, o le maratone di film. 
"Partenza" perché dopo questa mostra l'unica cosa che si può fare e andare avanti accellerando. Se vi dico che c'è un progetto con ogni singolo illustratore coinvolto mi credete? (Il bello è che loro ancora non lo sanno...)
Volete sapere cosa vi aspetta domani, dalle 17 e per il seguente mese e mezzo? Una piazza in festa - vi dico solo che abbiamo messo l'invito in ogni singola buca delle lettere della piazza, più che altro per farci amici quelli che altrimenti ci avrebbero tirato secchiate di olio bollente dalle finestre - con tanto di streetfood, concerto e io che guardo i lavori insieme agli altri umarelli dicendo "eeehh io 'sti pannelli li avrei fatti più grossi".
Vi metto queste preview, vediamo se indovinate i 14 film
Volete un'anteprima? La volete davvero? E va bene. Ecco una delle 14 opere che faranno bella mostra di sè da domani e per un mese e mezzo a Treviso! L'ha fatta Rino Lionetto (e sì, si potranno acquistare in formato poster durante il TCBF. Che credete che facciamo tutto perché ci piacciono le cose Belle? Bravi perché è così.)
CI VEDIAMO DOMANI!
E se i bollettini meteo danno Tifone forza OZ, io starò lì così:

• CHICKENBROCCOLISCOPE - FUGA PER LA VITTORIA by OSVALDO CASANOVA •

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Il 17 Settembre ha inaugurato CHICKENBROCCOLISCOPE, una mostra di cinema e illustrazione a cielo aperto promossa dal TREVISOCOMICBOOKFESTIVALe curata da CHICKENBROCCOLI 
Piazza Martiri di Belfiore a Treviso si è trasformata in un angolo di Hollywood grazie alle illustrazioni di 14 grandi artisti italiani alle prese con 14 film cult
Esposte in grande formato per un mese e mezzo, le opere sono accompagnate dalle recensioni di ChickenBroccoli. 
Ora potete acquistare la versione poster delle opere in mostra!
Questo è il poster di OSVALDO CASANOVA dedicato a
FUGA PER LA VITTORIA

Sul retro stampate la recensione del film e tutte le info dell'artista.

Specifiche cartotecniche: 
• Formato: 42 x 29,7 cm (A3)  • Carta: Fedrigoni martellata avorio 250 gr 
 • Stampa: fronte (a colori) + retro (bianco e nero )
Potete acquistare il poster a 15 euro(+ 3 euro di spese di spedizione) 
spingendo questo pulsante PayPal:

CB ANTEPRIMA • Bridget Jones's Baby

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Bridget Jones’s Baby
Trama: London Bridget is falling down falling down falling down.

Non so come ci sono riuscito ma (quasi mi vanto) NON HO MAI visto Il diario di Bridget Jones e, anche se è un traguardo meno prezioso, NON HO MAI visto neanche il secondo. Dove si ritira la coppa?
Ma siccome la prima regola delle anteprime è vedere tutte le anteprime, mi sono catapultato all'anteprima del terzo, che non si sa mai che poi non ti invitano più e finisce che la prossima a cui non ti invitano è Animali Fantastici e allora tu che fai, rischi? No, non rischi e vai a vedere il film in cui una delle icone del cinema anni 2000, Bridget Jones, se la deve vedere con la gravidanza geriatrica (si chiama così).
Posso dire che stavo benissimo anche senza sapere quando goffa, ridicola, fastidiosa fosse Bridget Jones, o meglio, lo sapevo, ma non avevo idea di come potessero stufare queste sue caratteristiche se sorbite per tutto un film.
LA domanda che nasce spontanea dopo tutto un film con Bridget Jones che fa cose buffe, faccine, gaffes, piange e si ripiglia, casca nel fango di fronte al figo di turno, è: perché tante ragazze ci si sono riconosciute? Dov'è finito l'afflato aspirazionale che caratterizza la psicologia umana, di tendere verso modelli migliori? Attenzione. Forse siamo davvero evoluti e abbiamo scardinato il falso mito del bello accentandoci con tutti i nostri difetti? Ma quando mai.
È solo che lo sfigato fa sempre tenerezza, fa ridere, ci si riconosce, ma in senso contrario, del tipo "oddio speriamo di NON essere come Bridget Jones". Insomma è logico al perdente, a Paperino, gli vuoi bene, ma se ti dicono "oh sei proprio come Bridget Jones" se sei autoironico ti ci fai una risata, ma sotto sotto quando ti dicono "oh sei proprio come [insert here un'icona femminile figa che può andare da Katniss alla Contessa Madre di Grantham] è meglio.
No, ditemi voi se è bello riconoscersi un un’eterna zitella in cerca di marito che passa le serate con tazzone di latte caldo, calzettoni pesanti e pigiamone di flanella coi pinguini a chiedersi «Ma perché non trovo marito? Eppure sono così appetibile mentre mi lamento dentro il mio pigiama di flanella coi pinguini sorseggiando un latte caldo, ma perché mai?» 
(Donne, è arrivato broccolino, arrota luoghi comuni, maschilismo. La tua cugina perde femminilità? Noi ripariamo la femminilità della tua cugina.)
Insomma a me Bridget Jones come modello in cui riconoscersi mi pare una sconfitta in partenza.
ATTENZIONE: penso la stessissima cosa anche delle protagoniste di Sex & The City, eh.
Perché? Ma semplicemente perché sappiamo bene che la Donna selvaggia Donna un controsenso affascinante sei è entrambe le cose. Ah. Le Donne, sono così, dolcemente complicate, sempre più emoziante, delicate, le potrai trovare tutte su Tinder.
Insomma torna Bridget, a dodicilioni anni di distanza dall’ultimo episodio, fuori Hugh Grant, dentro il Doc. Patrick Dempsey. Fisso nel suo ruolo di stoccafisso Colin Firth.
E se la storia è la stessa (la sfigatina che incredibilente si ritrova a dover scegliere tra due uomini entrambi superperfetti, superinnamorati, superuominidellavita), e le dinamiche sono le stesse di tutte le storie rosa del genere (no, nessuna sorpresa nel finale, la donna sceglierà sempre l’amore romantico. Per noi Julii Iglesias sono tempi duri.), ad essere cambiata è Bridget, che ha perso tutti i chili di troppo e al suo posto ci ha messo il botox.
Ricordate quando apparve quella tizia che diceva di essere Renée Zellweger e tutti a dire “ma chi sei? Dove l’hai nascosta? Che le hai fatto? TIRALA FUORI! ESCILA!
Questo è il primo film della sua trasformazone chirurgica, e si vede, che ok il corpo è mio e me lo gestisco io, va bene tutto e chissefrega se vuole diventare anche lei la sosia di Nicole Kidman che fa la sosia di Courtney Cox che fa la sosia di Meg Ryan che fa la sosia di quello coi capelli rossi, ma il problema è che Renée non ride più, non tanto perché sia triste, ma proprio non ci riesce, è tirata come una sella da gaucho peruviano, ha la pelle di un pescatore greco. Fa un po’ paura.
Ispira lo stesso simpatia? Dai, sì.
Certo, non capisco perché cammina come avesse sempre la stampella del vestito infilata dietro la schiena (per non dire altrove) e perché debba essere così imbarazzante nella sua idiozia (cadere in un pantano di fango non fa più ridere di quanto lo faccia Massimo Boldi che scivola su una buccia di banana)

però capisco anche l’esagerazione del carattere, funziona un po’ come un supercattivi dei cinecomics: Bridget è supersfigata, quindi ad ogni scena deve esserlo un po’ di più della scena prima, è una questione di character.
Io, libero dal confronto coi primi due, vi dirò che non è andata così male come mi aspettavo. Ad esempio, pochi mesi fa, affrontavo la visione del seguito del grasso grosso matrimonio greco pur non avendo mai visto il primo, e quella volta era così palese la bruttezza del film che poi non sono andato in Grecia in vacanza quest'estate come avevo programmato solo per evitare di dover ricordare quel film. 
Questa volta voglio salvare il salvabile, e per salvabile intendo quelle due/tre risate sincere che ti fanno fare alcune delle imbarazzanti uscite (mi dicono tipiche) di Bridget, le interpretazioni dei due maschi (sì, anche questa volta ho messo da parte il sospetto che Colin Firth sia ipersopravvalutato, a fare il lorduccio inglese ingessato è sempre credibilissimo)
e in definitiva il fatto che il film sia… come dire… carino. 
Certo, troppo spesso si capische che il brodo è allungato con miniepisodi del tipo "Bridget Jones va al festival rock"
"Bridget Jones se la vede col capoufficio", "Bridget Jones a cena coi genitori", quasi puntate di Mister Bean, e la regia, quella bisogna dirlo, è da denuncia. Ma in fondo chi la guarda la regia in un film come questo? 
Insomma, se vi basta carino e siete fan sfegatati di Bridget e delle sue cadute negli inferi delle figure di merda e dell’innamoramento perenne, correte a vedere il film e mim raccomando state attente a inciampare al primo scalino della sala così quello in prima fila vi aiuta a rialzarvi e mentre vi rialzate vi guardate profondi negli occhi e vi innamorate evviva. Ho messo quel benevolo Chicken solo per voi, pensando alle vostre serate in pigiama e calzettoncioni con in testa al vostro principe verde, DarchickenBroccoli. Che intanto va alle anteprime.Avvabbèddai.
Vi lascio con il roscio, non quello rifatto, il cantante, che fa una cameo nel film e che canta la colonna sonora perfetta per ogni Bridget, che stando alle visualizzazione sono già 1.283.950.035 and counting. 

• CHICKENBROCCOLISCOPE - MARY POPPINS by ILARIA FALORSI •

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Il 17 Settembre ha inaugurato CHICKENBROCCOLISCOPE, una mostra di cinema e illustrazione a cielo aperto promossa dal TREVISO COMIC BOOK FESTIVAL e curata da CHICKENBROCCOLI 
Piazza Martiri di Belfiore a Treviso si è trasformata in un angolo di Hollywood grazie alle illustrazioni di 14 grandi artisti italiani alle prese con 14 film cult.
Esposte in grande formato per un mese e mezzo, le opere sono accompagnate dalle recensioni di ChickenBroccoli. Ora potete acquistare la versione poster delle opere in mostra! 
Questo è il poster di ILARIA FALORSI dedicato a
MARY POPPINS
 Sul retro stampate la recensione del film e tutte le info dell'artista. 
Specifiche cartotecniche: • Formato: 42 x 29,7 cm (A3) • Carta: Fedrigoni martellata avorio 250 gr • Stampa: fronte (a colori) + retro (bianco e nero ) 
Potete acquistare il poster a 15 euro(+ 3 euro di spese di spedizione) 
spingendo questo pulsante PayPal:


• CHICKENBROCCOLISCOPE - FRANKENSTEIN JUNIOR by ALE GIORGINI •

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Il 17 Settembre ha inaugurato CHICKENBROCCOLISCOPE, una mostra di cinema e illustrazione a cielo aperto promossa dal TREVISO COMIC BOOK FESTIVAL e curata da CHICKENBROCCOLI.
Piazza Martiri di Belfiore a Treviso si è trasformata in un angolo di Hollywood grazie alle illustrazioni di 14 grandi artisti italiani alle prese con 14 film cult.
Esposte in grande formato per un mese e mezzo, le opere sono accompagnate dalle recensioni di ChickenBroccoli e le informazioni sull'artista.
Ora potete acquistare la versione poster delle opere in mostra! 
Questo è il poster di ALE GIORGINI dedicato a
FRANKENSTEIN JUNIOR
 
Specifiche cartotecniche: • Formato: 42 x 29,7 cm (A3) • Carta: Fedrigoni martellata avorio 250 gr 
• Stampa: fronte (a colori) + retro (bianco e nero ) 
Potete acquistare il poster a 15 euro (+ 3 euro di spese di spedizione) 
spingendo questo pulsante PayPal:

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